Vetro è un termine generico che identifica una molteplicità di composizioni.
Il tipo a cui faremo riferimento in questo breve trattato è il “vetro sodico-calcico”, il più utilizzato in edilizia.
In generale il vetro è un materiale solido costituito da una matrice amorfa di silice (SiO2) alla quale vengono aggiunte altre sostanze al fine di migliorare varie caratteristiche fisiche.
L’aggiunta di ossidi di sodio e di calcio che caratterizza appunto il ns. migliorano le caratteristiche di fusione (ne riduce la temperatura) e ne aumenta la resistenza all’acqua (in termini di solubilità).
Le principali proprietà fisiche del vetro sono:
(tabella 2.1 estratta dal CNR / DT 210/2012)
Le caratteristiche meccaniche più comuni del vetro sono invece riassunte nella seguente tabella:
(tabella estratta da Cagnacci 2010)
Si può subito notare che il vetro è un materiale che ha buone caratteristiche meccaniche e notevole resistenza a compressione. Paragonando il vetro a vari altri materiali, notiamo che i valore di resistenza sono:
vetro | 1000 N/mm2 |
Cemento ad alte prestazioni | 75 N/mm2 |
Acciaio per cemento armato (tensione caratteristica snervamento e rottura) |
540 N/mm2 |
Ai fini della compressione il vetro appare estremamente resistente, a trazione molto meno:
vetro | 20 – 200 N/mm2 |
Cemento ad alte prestazioni | 28 – 35 N/mm2 |
Acciaio (barre armatura FeB 44K) | 260 N/mm2 |
Il grande problema del vetro e che sottoposto a carico ha un comportamento tipicamente elasto / fragile, in pratica si deforma in maniera proporzionale al carico ma si rompe improvvisamente senza deformazioni permanenti (comportamento plastico). Torneremo comunque sull’argomento.
Il vetro piano per edilizia viene prodotto in lastre di vario spessore tramite un processo a ciclo continuo FLOAT in cui gli ingredienti del vetro macinati vengono inseriti i un forno e ad una temperatura di 1500°C circa si ottiene una massa semifluida che viene immessa in un vasca di galleggiamento contenente stagno fuso, il vetro si distende sul letto di stagno e si raffredda; facendo opportunamente scorrere il fluido si formano lastre omogenee di vetro piano denominato vetri FLOAT di vario spessore. Questo sistema, inventato da Pilkington nel 1952, rappresenta oggi praticamente l’unico per la produzione del vetro in edilizia.
Il fluido vetroso, galleggiando sullo stagno (proprio come una macchia d’olio sull’acqua) presenta una faccia a contatto con lo stagno e una all’aria. La differenza di temperatura e il conseguente raffreddamento differenziato possono creare tensioni interne che deteriorano la qualità meccanica del vetro; questo viene quindi sottoposto ad altro processo di stabilizzazione termica, detto ricottura (da cui la denominazione di vetro ricotto), cioè viene riscaldato a circa 600°C e consente di avere lastre senza tensioni residue.
Con questo sistema si producono lastre di vetro dello spessore variabile da 1 a 25 mm; in edilizia le più usate partono dal 4 mm (fino a qualche anno fa anche il 3 mm) fino a 19 mm.
Le dimensioni di produzione del vetro incolore sono sostanzialmente standard, tutte le lastre vengono prodotte con dimensioni di 3210 x 6000 mm.
Il vetro così prodotto non ha elevate caratteristiche meccaniche,, circa 45 N/mm2, ma è comunque molto utilizzato; tagliato a misura viene solitamente abbinato con una o più lastre per la produzione di vetro camera per esempio o con intercalari di materiale polimerico utilizzato per la produzione di stratificati di vario spessore. Gran parte del materiale di prima produzione viene utilizzato in questa maniera.
Ovviamente trattasi di materiale di base con specifiche caratteristiche fisiche riportate nelle precedenti tabelle ma oggi, al vetro, sono richieste caratteristiche prestazionali molto più elevate e proprio questo sarà il criterio con cui proseguiremo la nostra conoscenza di questo particolare materiale, cioè tramite un percorso di esigenza prestazionale richiesta dall’edilizia.
Suddivideremo pertanto le prestazioni del vetro in:
- Sicurezza
- Isolamento termico
- Isolamento acustico
- Controllo della luminosità ambientale
- Difesa da incendi
- Difesa da esplosioni
- Estetiche
- Funzionalità attive illuminazione, riscaldamento
Sicurezza
È certamente l’argomento più ampio e dovremo necessariamente suddividerlo in varie sezioni; per sicurezza infatti si può intendere semplicemente che il vetro di una finestra non si rompa facilmente al più piccolo urto ma che nel caso non si rompa producendo frammenti pericolosi, si chiede che un parapetto sia particolarmente robusto per reggere la spinta della folla, ad un acquario di reggere grossi carichi idrostatici, di resistere a tentativi di effrazione, antiproiettile, che non sia sdrucciolevole, ecc.
Per rispondere a tutte le esigenze prestazionali richieste, in pratica ci sono solo due processi produttivi, la tempera e la stratifica. Con il processo di tempera si elevano le caratteristiche meccaniche del vetro in maniera che i carichi di rottura diventino molto più elevati e la stratifica che consiste nell’incollare tra loro due o più lastre di vetro con vari fogli di plastica tramite un particolare processo termico / meccanico. Grazie a questi due processi si ottengono vari prodotti (appunto temperati e stratificati) che usati singolarmente o opportunamente combinati tra loro, consentono di avere un numero enorme di prodotti specifici e adatti a rispondere alle varie esigenze di sicurezza. Analizziamo i due processi, poi per ogni specifica esigenza di sicurezza vedremo quali sono le combinazioni più opportune offerte dal mercato.
Tempera
Il processo di tempera è finalizzato a migliorare le caratteristiche meccaniche del vetro e si può fare in due maniere, tramite processo termico o chimico.
Il processo di tempera termica è stato introdotto a fine anni ’20 dalla Saint Gobain e consiste nel riscaldare la lastra di vetro fino ad una determinata temperatura e poi velocemente raffreddarla.
Questo processo determina tensioni permanenti sulla superficie del vetro e, conseguentemente, la sua resistenza meccanica si eleva. Nella tempera termica è possibile ottenere 120 N/mm2 come valore di resistenza alla compressione. La sicurezza è dettata anche dal fatto che questo vetro, in caso di rottura, si frantuma in piccoli frammenti poco taglienti. Tutte le procedure di produzione sono normate e devono rispondere a determinati requisiti.
La tempera può essere di tipo termico o chimico, ma quella chimico non è praticamente utilizzato nei vetri per edilizia.
Una caratteriscica tecnica del vetro temperato è l’aumento della resistenza allo shock termico, con un range di variabilità di temperatura di 150 K rispetto ai 40 K del comune float ricotto.
La tempera termica è eseguita perlopiù in due varianti, quella sopraesposta e l’alternativa finalizzata alla produzione di vetro indurito, meno resistente di quello classicamente temperato ma utile in vari casi perchè nell’eventuale rottura i frammenti sono piuttosto grandi e conservano una certa portanza residua.
Purtroppo, allo stato attuale della tecnologia di produzione del vetro temperato, vi sono alcune ineliminabili difettosità: La prima è la tolleranza dimensionale che deve essere maggiore dei vetri comuni. L’altro aspetto è la Rottura Spontanea. In sostanza, nella malgama del vetro sono in genere presenti dei grani di solfuro di Nichel. Tralasciando il processo fisico per cui questi grani variano di dimensione, ci limitiamo a dire che in alcuni casi questi cristallini cambiano di fase molto lentamente e possono creare tensioni interne al vetro fino a portarle a rottura. I vetri esposti a riscaldamento solare subiscono un’accellerazione di questa trasformazione e possono quindi essere più favoriti a questo inconveniente. Oggi, l’unico strumento valido per contenere al minimo questo inconveniuente del vetro temperato è un test, denominato HST (Heat Soak Test). Questo trattamento termico prevede appunto il riscaldamento della lastra per favorire la transizione di stato dei grani si solfuro di Nichel. Se la lastra non si rompe, con buone probabilità si può definire che in essa non ci sono cristalli si NiS. Tuttavia, è bene precisare che questa prova non può in assoluto escludere la presenza dei dannosi cristalli, dunque, seppur reso al minimo, la possibilità di di rottura spontanea del vetro temperato permane.
(segue…)